Soltanto oggi, a fine giornata, riesco a scrivere sull'8 marzo. Ieri più volte mi sono seduta al computer per farlo ma non riuscivo a trovare le parole, nella testa il vuoto, l'animo un pò triste. Alla fine mi sono arresa e, presa la borsa del lavoro ho iniziato il ricamo. Fuori una giornata bellissima di piena primavera, in giardino la magnolia tulipa, ormai al culmine della fioritura, splendeva nel sole e il profumo delle violette mischiato a quello dei giacinti portava alla mente i giardini d'oriente. C'era silenzio in giardino, e una grande armonia. Non capivo l'origine della mia tristezza. Perchè quell'umore da giorno di pioggia?
Scegliendo i fili, pensando all'8 marzo avevo preso dei bellissimi gialli più o meno brillanti, ma non li trovavo adeguati. Il mio stato d'animo esigeva altro e così ho lasciato che la mente decidesse in piena autonomia il colore del "mio 8 marzo". E dalla borsa, senza esitazione alcuna, sono spuntati dei viola, alcuni scuri altri solo poco più chiari. Ero perplessa ma sicura che proprio quello era il colore adatto.. Ma perchè il viola?
Incerta sul da farsi ho iniziato a ricamare. E piano piano, mentre la figura del cervo prendeva corpo sulla tela ho capito... ho capito tutto. E oggi posso scrivere sull'8 marzo.
L'inverno del 1956 fu particolarmente rigido. A Roma cadde la neve e fu un disastro. Le case erano senza riscaldamento e spesso l'umidità regnava sovrana. Non avevamo i piumini e le coperte di cui disponiamo oggi e gli stessi abiti (quasi sempre rimediati) non erano adeguati a quel freddo polare. Quello fu l'anno che mi presi un congelamento, per fortuna leggero, alla mano sinistra. Si avvicinava l'8 marzo, le donne della sezione del Pci erano disperate: nei giardini non si trovava un ramo di mimosa nemmeno a pagarlo. La ricerca durò parecchi giorni ma senza alcun risultato e così il giorno prima della festa le donne partirono (e non con le macchine) e tornarono solo nel tardo pomeriggio portando dei grossi cesti pieni di viole. Non ricordo, o forse non l'ho mai saputo dove avessero trovato quelle violette. Ricordo però il lavoro fino a tarda notte per preparare i mazzetti tenuti insieme dalla piccola coccarda che il giorno dopo, nelle strade e nei mercati avremmo tentato di appuntare sui cappotti delle donne. Quella fu una notte particolare. Nonostante il profumo delle viole (che per una volta aveva fatto sparire l'odore di segatura bagnata e sigaro imperante nella sezione) l'atmosfera era triste. Quella sera nessuno aveva voglia di parlare, perfino noi bambini eravamo silenziosi. Chissà perchè.
Del giorno dopo non ho ricordi particolari, probabilmente tutto si svolse come gli altri anni. Però di una cosa sono certa: quello fu un 8 marzo particolarmente triste.
Ho capito così il perchè della tristezza di ieri. Ancora una volta l'8 marzo non era giallo, era viola, un viola molto più scuro di quello del '56. In questi ultimi anni la condizione femminile è peggiorata, è stata stravolta. Dopo gli anni luminosi del femminismo, quando la strada ormai sembrava piana, ci ritroviamo ancora a fare i conti con i drammi di sempre. Anzi, tutto è peggiorato. e la responsabilità di questo è anche nostra. In qualche modo abbiamo rinnegato le conquiste degli anni '70, quasi ce ne siamo vergognate. Con gli anni '80 è iniziato un processo di rimozione dei valori per i quali avevamo combattuto tanto. Quasi ci siamo vergognate del nostro "femminismo" e oggi ci ritroviamo qui, la "reginella" ci ha fatto fare migliaia di passi da gambero e siamo tornate al punto di partenza, anzi, forse anche peggio. A questo punto scelgo un filo verde, verde chiaro e luminoso. Voglio assolutamente sperare che il prossimo 8 marzo sarà di un giallo smagliante.
sei una donna eccezionale, pinu'. ma questo lo sapevamo gia'. e i talenti? ne vogliamo parlare?
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