domenica 4 marzo 2012

Domenica è ancora sempre domenica?

Sono quasi le 16 del 4 marzo. E' domenica. Ho lavorato in giardino tutta la mattina e ora inizia il mio riposo.  Come al solito prendo la borsa del ricamo e preparo la tela. Inizio la scelta dei fili e intanto penso alla giornata quasi trascorsa, "è domenica" mi dico, e cerco con la mente le cose, gli odori, i rumori che differenziano da tutti gli altri giorni la domenica. Non  trovo nulla e  come un controcanto mi  tornano alla mente le domeniche della mia infanzia, ricche di avvenimenti che mai nessuno e in nessun caso avrebbe potuto  confondere con uno qualunque dei giorni della settimana. 
Scelgo un filo grigio perla, chiaro, luminoso, adeguato al colore del ricordo. 
Negli anni '50 la domenica era la DOMENICA. In quel giorno, ogni cosa cambiava aspetto. Qualunque fosse il tempo o la stagione una luce argentata avvolgeva il piccolo mondo nel quale vivevo: tre palazzi di 5 piani ciascuno costruiti a semicerchio, un altro palazzo identico davanti quasi chiudere, a delimitarne i confini. Al centro un grande campo da gioco con panchine di pietra.
Alle 7 del mattino, puntuale, il signor Fortunato, corista dell'orchestra radiofonica, che abitava al secondo piano del palazzo centrale, in veste da camera e pantofole (particolare da non sottovalutare considerata la totale e generale povertà),  prendeva posizione al centro delle scale e cantava con tutta la potenza della sua voce l'Ave Maria di Schubert. Nelle case ogni attività si fermava. Nel silenzio più assoluto tutti ascoltavano la preghiera cantata. Finalmente, dopo tanta attesa, era domenica.
Non appena nell'aria si spegnevano le ultime note dell'Ave Maria, il signor Augusto, portiere, vestito come sempre con lo spolverino grigio e in testa il berretto  che testimoniava la sua autorità, (e terrorizzava noi bambini), si collocava al centro del campo da gioco, (e questo anche in caso pioggia) prendeva dalla custodia la sua tromba, talmente lucida da sembrare d'oro, e suonava Vola Colomba, sempre e solo quella. E tutti sapevamo che iniziava il giorno di festa.
Nelle case ferveva un'attività gioiosa. In quegli anni il bagno era una prerogativa settimanale, nessuno aveva l'acqua calda in casa e tantomeno una vasca (almeno nel mio mondo). Grandi pentoloni d'acqua venivano messi a scaldare sul fuoco e uno a uno tutti i componenti della famiglia facevano il bagno nel cosidetto "bagnapiedi", grossa tinozza di alluminio. La lucidatura delle scarpe occupava un posto importante. Seduti sulle scale si lucidavano le scarpe della domenica: lucido per quelle degli adulti e bianchetto per quelle dei bambini. Le ragazze più grandi stiravano con i ferri scaldati sul fuoco le sottogonne e i vestiti per il ballo che nel pomeriggio ci sarebbe stato in una delle case.
Tutto cambiava. Nelle scale dei palazzi il profumo del ragù e del coniglio al forno con patate soppiantava l'olezzo di minestra di broccoli dei giorni feriali. In cortile era tutto un vocio, i bambini, con il vestito della festa e ben pettinati, non osavano fare i giochi di sempre, preoccupati per le sberle che avrebbero preso dalle madri nel caso si fossero sciupati il vestito o le scarpe. Dalle finestre aperte si sentivano le voci delle donne indaffarate con il pranzo domenicale. In ogni casa, per quanto povera, quel giorno la tavola avrebbe ostentato la tovaglia, con i servizi di piatti e bicchieri, regali di nozze. Qualche donna cantava... "grazie dei fior..."...
Verso mezzogiorno in cortile e sulla strada  cominciavano ad apparire gli uomini, tutti rasati e ben vestiti con il giornale (quasi sempre L'Unità) comprato dal compagno Boccanera che  alle nove del mattino all'angolo della strada con un gran fascio di giornali sul braccio gridava: "L'Unità uscita adesso! Il giornale dei lavoratori!" E cominciavano le discussioni, serene, senza animosità. Nel cortile risuonavano i nomi di Andreotti, Scelba, Togliatti, Nenni, Amendola, Ingrao, Pajetta...... 
Verso l'una tutto si calmava. Il cortile tornava vuoto, dalle finestre uscivano risate e rumori di stoviglie.
Verso le 15 ricominciava la vita. Le voci dei cronisti sportivi uscivano dalle radio tenute a "tutto volume". Gli uomini, parlandosi dalle finestre, discutevano di calcio o di ciclismo e le donne, con i figli più piccoli per mano uscivano a fare una passeggiata. 
Piano piano arrivava il tramonto, si accendevano le luci nelle case. Un'altra domenica era passata. Un velo di malinconia accompagnava la gioia dell'attesa della prossima domenica.




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